Abuso emotivo: la consapevolezza è il primo passo per uscirne

Parliamo di abuso emotivo: come distinguere gli atteggiamenti che lo caratterizzano e le dinamiche che lo definiscono. Perché riconoscerlo è il primo passo per uscirne.

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Non è abuso emotivo discutere con il proprio partner. Non è abuso emotivo se l’altro dice cose che ci feriscono, se a volte manca di tatto o ci offende. Non sta abusando di noi nemmeno se alza la voce, urla durante una lite. Avere un caratteraccio non vuol dire essere una persona prevaricante. Non è abuso se l’altro ci trascura, non è presente quanto vorremmo o decide di rompere la relazione. Qualunque difficoltà di relazione non può essere definita abuso. In tutti i rapporti intimi prima o poi capita di farsi male. Ma anche di chiarirsi e scusarsi.

È abuso invece se le urla, le aggressioni, le minacce sono costanti e servono a farci spaventare, sentire piccole, incapaci di difenderci. Se servono magari anche a farci sentire in colpa e portarci a chiedere scusa per cose che non abbiamo commesso.

È abuso quando l’altro critica al fine di svalutarci, farci sentire stupide e diventa un modo di interagire costante, un modello ripetuto. Quando crede di sapere sempre cosa è meglio per noi e ci rimprovera, ci punisce se non facciamo come vuole.

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Quando critica e offende il nostro modo di fare, di pensare, di vestirci, di atteggiarci e non perde occasione per sminuirci, umiliarci, anche in pubblico, arrivando a farci credere di essere sbagliate, ridicole, pazze. Quando ci tratta con disgusto, disprezzo, minacciando di lasciarci, è affettuoso solo se facciamo come lui vuole altrimenti diventa crudele per poi dire che non è successo niente.

È abuso quando approfitta per tenerci in pugno attraverso questioni economiche o impedisce la nostra indipendenza. Quando tenta di isolarci dagli altri. Siamo in una relazione abusante quando sentiamo qualcosa di strano dentro, a volte anche solo una sensazione vaga che qualcosa sia “sbagliato” nel rapporto: l’altro ha tanto potere su di noi e noi sentiamo di non averne, non siamo libere di esprimerci, ma costrette a cambiare per adattarci a lui. Ci sentiamo controllate, incastrate, arrabbiate e impotenti. Tutto questo è abuso emotivo. Non amore.

Le dinamiche dell’abuso

L’abuso emotivo è un modello relazionale doloroso, con qualcuno che ferisce intenzionalmente i sentimenti di un altro all’interno di un rapporto intimo. Esistono mille modi per essere emotivamente violenti. L’arma dell’aggressore emotivo è l’emozione, così come l’aggressore fisico usa calci e spinte. La dinamica però è la stessa. Una volta che la vittima si rende conto di cosa sta accadendo e vuole allontanarsi, l’aggressore improvvisamente diventa dispiaciuto e carino, fa di tutto per trattenerla, per farle credere che quello che è successo non è successo, non c’è motivo di andarsene. Appena il partner torna sui suoi passi, ricominciano i soliti schemi.

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Mentre con la violenza fisica però si percepisce facilmente che chi sbaglia è l’aggressore, con quella emotiva è in genere la vittima a sentirsi in difetto. Del resto anche chi abusa non crede di essere aggressivo. Siccome si sente insicuro sul fatto che la partner lo ami, crede sia giusto accusarla di imbrogli, incolparla della propria infelicità, controllarla. Ma rimproverare, incolpare e controllare sono forme di abuso. Non di passione romantica.

Non possiamo guarire da ciò che non vediamo

È importante avere chiare queste dinamiche, mettere a fuoco questi meccanismi. Perchè non possiamo guarire da ciò che non riusciamo a vedere. L’abuso emotivo è insidioso e difficile da riconoscere. Spesso non siamo in grado di identificare ciò che sta realmente accadendo, è difficile dargli un nome. L’altro ci sa fare fin troppo bene, è un grande manipolatore, sa essere anche carino e divertente, non ha le sembianze di un mostro. Quando siamo in pericolo spesso nulla ci sembra pericoloso, non sappiamo capire il rischio che corriamo.

L’abuso è un processo a spirale graduale in cui si affonda nel tempo. È difficile anche dar voce, trovare le parole per rivelare e denunciare, anche solo a se stessi, la propria esperienza traumatica. Ma è dalla consapevolezza che si parte: l’ingiustizia deve essere riconosciuta e trovare posto all’interno di noi. L’abuso danneggia profondamente, le ferite da curare sono molte, c’è bisogno di rinsaldare il senso del valore personale e la capacità di proteggersi nei rapporti. Spesso si tenta di risolvere attraverso relazioni nuove, ma chi ha subito tende ad essere attratto per “familiarità” da partner potenzialmente aggressivi, come non si ritenesse in grado di meritare di meglio, ignorando segni pericolosi, pensando disperatamente di poterli superare.

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Per questo è importante rendersi conto dei meccanismi di squilibrio di potere nella relazione, rileggere tutte quelle piccole cose che insieme fanno una cosa enorme. Guardarsi e riconoscere che no, quello che succede non dipende da noi, non è colpa nostra, non siamo responsabili del comportamento disturbato dell’altro. Servono prospettive “da fuori” attraverso il confronto con altre persone, abbiamo bisogno di aiuto. Solo così è possibile superare vecchi modelli, imparare modi diversi di reagire e acquisire coraggiosamente forza.

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Fonte: La Repubblica – di Brunella Gasperini

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