Effetto Werther: come i mass media possono indurre una catena di suicidi

L’effetto Werther -per il quale la diffusione delle notizie di suicidi può indurne altri a catena – deve il suo nome al protagonista del romanzo di Goethe.

Nel 1774 lo scrittore tedesco Johann Wolfgang Goethe scrive “I Dolori del giovane Werther” nel quale il protagonista si innamora della giovane donna Lotte, che però, dopo essersi lasciata baciare, lo rifiuta per sposarsi un uomo che le avrebbe permesso una stabilità economica; Werther decide allora di suicidarsi come atto di ribellione nei confronti delle convenzioni sociali borghesi.

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L’opera goethiana diventa subito un enorme successo in tutta Europa, dando origine ad una vera e propria moda, in seguito rinominata wertherismo; infatti era scritto in maniera tanto coinvolgente che dopo la lettura, molti giovani innamorati infelici di tutta l’Europa si tolsero la vita. Per questo motivo alcuni stati addirittura decisero di contenere la diffusione di questo volume. Una reazione analoga lo si osservò in Italia dopo la divulgazione nel 1802, del romanzo di Ugo Foscolo Le ultime lettere di Jacopo Ortis, dove il protagonista, anche qui dopo una delusione amorosa, si uccide pugnalandosi.

Nel 1974, questo comportamento autolesionista di emulazione viene nominato dal sociologo americano David Philipps “Effetto Werther”, dopo aver indagato il rapporto tra suicidio di personalità famose e il loro effetto sul tasso dei suicidi della popolazione. Nel suo studio Philipps notò come il mese successivo a quello in cui il New York Times pubblicava una notizia connessa al suicidio di un personaggio famoso, il tasso dei suicidi aumentava quasi del 12%.

Un esempio lampante ne è la morte della famosa attrice Marilyn Monroe, ritrovata morta nel suo bagno e, dopo che i mezzi di comunicazione di massa si sono resi conto che si trattasse di un suicidio, nel mese successivo 303 giovani si sono tolti la vita, registrando un incremento del suicidio del 40%.

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Questa correlazione è stata evidenziata da diversi studi condotti in numerosi paesi del mondo. Uno dei primi casi descritti risale agli anni 1984-1987, dove a Vienna si registrò un’impennata di suicidi con la stessa modalità: tutte le vittime si buttavano sotto la metropolitana. Dopo una serie di discussioni sulle modalità di intervento, si decise in accordo con la stampa di non pubblicare le notizie dei decessi. Grazie a questo accorgimento, il tasso di suicidi tornò a diminuire.

La notizia di un suicidio può indurne altri nella popolazione: questo il fenomeno dell'effetto Werther
Effetto Werther in Corea: statistica di morte autoinflitta prima e dopo la notizia diffusa dai media dei suicidi di due celebrità (J. Kim et al.)

Un altro studio che mostra con forte evidenza il fenomeno dell’effetto Werther è stato condotto in Corea nel 2013. Tramite strumenti statistici, si sono andati ad analizzare rigorosamente i dati relativi ai suicidi rispettivamente prima e dopo la notizia della morte di due celebrità del Paese: un politico e un’attrice. Come si può vedere dal grafico riportato nella ricerca, questi due eventi hanno innescato un significativo aumento nel tasso di suicidi della popolazione, seppur con una durata differente.

L’effetto causato dalla notizia del suicidio dell’ex presidente Roh ha infatti influenzato più a lungo la società rispetto a quello causato dalla morte dell’attrice Choi. Inoltre gli autori dello studio hanno sottolineato come entrambe le notizie siano state riportate dai media con dovizia di particolari, incluse le foto scattate al momento del ritrovamento dei loro corpi.

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Per rimediare a quest’impennata di suicidi ogni qual volta che un personaggio famoso si toglie la vita, dopo una serie di discussioni sulle modalità d’intervento, si decise in accordo con la stampa di non pubblicare le notizie dei decessi. Questo in breve tempo portò ad una diminuzione del tasso di suicidi.

Nonostante ciò, nel 2008 l’organizzazione mondiale della sanita, data la serietà del problema, decide di mettere appunto e diffondere una serie di linee guida destinate ai mezzi di comunicazione di massa che, in linea generale, suggeriscono di non enfatizzare mai l’evento suicidario, di non darlo mai come notizia di apertura come nel caso del telegiornale, di non far passare mai l’idea che il suicidio possa essere la soluzione a qualsivoglia situazione problematica, di evitare di mostrare immagini particolarmente esplicite e di evitare di dare indicazioni precise su luoghi e modi del suicidio.

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