Secondo uno studio il cervello è in grado di nascondere i brutti ricordi, riponendoli in un cassetto

Diciamocelo: vorreste cancellare quella persona dalla faccia della Terra! Tutti lo abbiamo pensato, almeno una volta nella vita. Magari quell’ex che ci ha fatto penare, o quel ragazzo, quella ragazza che non siamo riusciti ad avvicinare. Ci ha fatto stare male, molto male, a tal punto che quel dolore quasi lo percepiamo come un trauma. E così ci sono immagini che ci rifiutiamo di rivivere nella nostra mente, che vorremmo bruciare. Per non pensarci più, per non ricordare, per dimenticare. Ma dimenticare si può? No che non si può. Però si possono nascondere i ricordi, inconsciamente nel nostro cervello.

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Quando subiamo un trauma, il nostro cervello di permette di nascondere i brutti ricordi e si superare la situazione stressante vissuta. Capita però che questo processo non riesca fino in fondo e, ogni tanto, le memorie negative riaffiorano mettendoci in difficoltà e dato ‘vita’ a disturbi del comportamento e dell’umore. Talvolta i brutti ricordi riaffiorano prepotenti, generando forte stress ed ansia. Lo scorrere del tempo cura ogni ferita, ma a volte quell’incubo vissuto sembra ripresentarsi vivido, senza preavviso, che sia nel cuore della notte o in un momento di riflessione. “Forse penso troppo, dovrei imparare a farmi scivolare tutto addosso”, questo è il pensiero ricorrente di chi vorrebbe liberarsi dei brutti ricordi, ma non sempre è così facile.

Una recente scoperta della University of Cambridge, pubblicata sulla rivista “Nature Communications”, rivela gli importanti meccanismi che impediscono ad alcune persone di chiudere i brutti ricordi in un cassetto.

Alcune persone sono incapaci di allontanare i brutti ricordi

Alcune persone non riescono ad allontanare efficacemente i pensieri intrusivi persistenti, un sintomo comune di ansia, disturbo post-traumatico da stress, depressione e schizofrenia. Certamente, il controllo dei nostri pensieri è un tassello fondamentale per mantenere un certo benessere psico-fisico. Gli scienziati britannici hanno individuato qual è la sostanza chimica che nella regione della memoria del cervello ci permette di sopprimere i pensieri indesiderati.

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Il Prof. Michael Anderson, che ha condotto lo studio, in un’intervista pubblicata sul sito della BBC dichiara: “Quando questa capacità si rompe, provoca alcuni dei sintomi più debilitanti delle malattie psichiatriche: ricordi intrusivi, immagini, allucinazioni, ruminazioni e preoccupazioni patologiche e persistenti”.

La “chiave” chimica del cassetto dei brutti ricordi: il GABA

I soggetti sottoposti alla ricerca sono stati invitati ad imparare ad associare una serie di termini con una parola accoppiata, ma sconosciuta. Dopodiché, hanno risposto ad un segnale rosso o verde: quando era verde, dovevano richiamare la parola associata, quando era rosso, dovevano smettere di farlo.  Durante il test, il cervello di ogni singolo individuo è stato monitorato, usando sia la risonanza magnetica funzionale, che rileva i cambiamenti nel flusso sanguigno, sia la spettroscopia a risonanza magnetica, che misura i cambiamenti chimici nel cervello.

I ricercatori hanno così scoperto la “chiave” chimica in grado di chiudere il cassetto dei brutti ricordi, un neurotrasmettitore conosciuto come GABA (Acido Gamma-AmminoButirrico), che agisce come principale neurotrasmettitore “inibitore” nel cervello. Ciò significa che quando viene rilasciato da una cellula nervosa, sopprime le attività di altre cellule a cui è connesso. Ebbene, le persone che durante il test hanno registrato le più alte concentrazioni di GABA nell’ippocampo (il centro della memoria), erano quelle maggiormente in grado di bloccare i pensieri o i ricordi indesiderati.

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È come una difesa del nostro cervello che, altrimenti, impazzirebbe. “La nostra capacità di controllare i pensieri è fondamentale per il nostro benessere – spiega Michael Anderson

Nuovi approcci al trattamento di ansia, depressione, schizofrenia, DPTS

La scoperta potrebbe far luce su una serie di problematiche quali ansia e depressione, ma anche schizofrenia e disturbo post traumatico da stress (DPTS), in cui i malati hanno una difficoltà patologica nel controllare i pensieri. Il Prof. Anderson ritiene che i risultati ottenuti dalla sua ricerca potrebbero offrire un nuovo approccio al trattamento di questi disturbi. In precedenza: “Ci si era concentrati sul miglioramento del funzionamento della corteccia prefrontale. Il nostro studio suggerisce che migliorando l’attività del GABA nell’ippocampo, si potranno aiutare le persone a fermare i pensieri indesiderati e intrusivi”

Ora la domanda è: possiamo controllarlo, decidendo cosa ricordare e cosa mettere sotto chiave? Non si sa. Intanto, se proprio vogliamo ‘evadere’, concentriamoci su noi stessi. Diamo tempo al tempo, che poi magari ci pensa lui a sistemare le cose.

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