Perché ci aspettiamo troppo da chi non ci ha promesso niente


Non rientra un po’ nel nostro ruolo di donna mettersi in condizione di darsi, prodigarsi per qualcuno che invece poi non si interessa così tanto a noi? Non ci capita spesso in famiglia, con il partner ad esempio, o nel luogo di lavoro con il capo o un collega? Un po’ sì. Ripensiamo a tutte le volte che abbiamo rinunciato a quello che volevamo per non sollevare questioni oppure che ci è uscito un Sì, pur non volendo, per non creare problemi. Darsi da fare o mettersi da parte per lasciare posto ad altri sembra appartenerci di default.

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Esistono differenze individuali, senza dubbio, non tutte reagiamo allo stesso modo ma non possiamo negare l’esistenza di aspettative di genere significative nei nostri confronti, spesso nascoste, invisibili, perfettamente integrate nella nostra cultura, che ci spingono in questo senso, oltre a dirci come dobbiamo essere, cosa fare e quanto pesare. Il mondo si immischia sempre tanto nella vita delle donne.

Così capita di ripensare a tutto quello che facciamo in nome dell’amore, dell’amicizia o della società per la quale lavoriamo e renderci conto di trovare invece poco appoggio da parte loro, persino quando siamo in difficoltà e chiediamo aiuto. Siamo sante, deve essere così. Ci viene spontaneo dedicarci, prenderci cura dei bisogni altrui prima dei nostri, infilarci in situazioni che non ci competono direttamente pur di alleviare e contentare altri. Ci manca quel piccolo passo però per esserlo senza pensare di doverlo essere per forza.

Perché quando ci rendiamo conto che certe persone o situazioni non ci danno niente mentre noi investiamo tanto, allora è meglio riflettere sul perché ci siamo così allargate.

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Molte volte è successo e nessuno ce lo ha chiesto, siamo state noi a farci avanti, a indossare il ruolo sacrificale oppure ad accaparrarci la posizione centrale, indispensabile, in modo da avere il controllo strategico delle situazioni. Perché offrirsi, sacrificarsi, regala una posizione di potere, c’è anche questo aspetto da considerare.

Ci viene spontaneo farlo ma poi, siccome anche noi abbiamo bisogni, stanchezze e desideri, ci salta agli occhi e mette tristezza non ricevere attenzione allo stesso modo, non avere in cambio qualcosa. E allora ecco la delusione. Ci ritroviamo l’ingombro di aspettative esagerate su chi probabilmente non si è nemmeno accorto di ciò che abbiamo fatto, dandolo per scontato.

Come smettere di nutrire aspettative sbagliate

Non siamo sante del tutto, ecco, cerchiamo di ricordarci che ricevere è un diritto e il rispetto un obbligo. Che possiamo riorganizzare le nostre priorità. Abbiamo bisogni, anche se qualcuno sembra non accorgersene. E responsabilità verso noi stesse. Se non riceviamo nulla non è perché non lo meritiamo ma perché probabilmente abbiamo archiviato le nostre esigenze sottraendole dalla vista di noi stesse e di chi ci sta accanto.

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Ricordiamo che Se io faccio così allora poi tu farai lo stesso con me non funziona, perché gli altri non pensano, non sentono, non si comportano come faremmo noi. Che se desideriamo davvero fare una cosa meglio non aspettare niente in cambio. Che se rimaniamo male non è perché siamo troppo sensibili ma solo perché a un certo punto, crescendo, affiora il bisogno costruttivo di riappropriarsi di se stesse, di mettere mano alle proprie esigenze. Certi modi di fare, che ci sono sempre appartenuti, adesso non vanno più bene.

Pensiamo anche che non serve a niente fare le martiri e poi crollare sfinite, piene di rabbia o svuotate dall’amarezza. È pericoloso rendere gli altri responsabili del nostro equilibrio, riporre su di loro grandi attese aspettando che si comportino come noi vorremmo – perché ne abbiamo bisogno – altrimenti andiamo in crisi.

Le aspettative sono una sorta di contratto sociale, di accordo implicito che complicano le relazioni, sono una trappola perché ci legano costringendoci a fare cose che non vogliamo davvero. Ci fanno inoltre guardare avanti preannunciamo nella mente cosa succederà ma solo sulla base di ciò che noi pensiamo. A volte con una certa rigidità, credendo che solo il nostro modo di pensare sia giusto, normativo.

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Rimanere in ascolto di noi stesse, di cosa sentiamo per capire veramente cosa vogliamo, spogliarsi di ciò che non ci appartiene, delle idee che altri hanno su di noi e del bisogno di compiacere, è la cosa migliore. Perché se quello che facciamo per gli altri viene dal profondo, se sentiamo di ricevere in modi altri e siamo rispettate, allora non dovremmo soffrire.

FONTE| Brunella Gasperini, psicologa (d.Repubblica)

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