Lo stress infantile aumenta la probabilità di diagnosi di malattia autoimmune in età adulta

Lo stress è un aspetto quotidiano della vita di tutti gli individui ed è tipicamente associato ad eventi negativi (come traumi, lutti) che possono inficiare la salute fisica e mentale. E’ spesso definito come una minaccia o un pericolo, sia esso reale o implicito, all’omeostasi dell’organismo. In questo senso, la risposta di stress viene spesso definita come l’insieme delle attivazioni fisiologiche e comportamentali messe in atto da un organismo per fronteggiare le sollecitazioni (stressor) che tendono a turbare l’equilibrio omeostatico.

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I cambiamenti che l’individuo deve mettere in atto per rispondere ad una situazione stressante, come ad esempio l’adeguamento a sollecitazioni ambientali è sostenuto da sistemi ad alto livello di integrazione la cui risposta adattativa, detta allostasi, si caratterizza per cambiamenti sistemici e comportamentali volti a sviluppare la migliore capacità omeostatica dell’individuo, aumentando le sue possibilità di sopravvivenza ).

L’allostasi è generata dall’attività congiunta del Sistema Nervoso Centrale e Autonomo, dell’asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene (HPA), del sistema simpatico-midollare del surrene e del sistema immunitario/proinfiammatorio e si avvale di mediatori chimici quali l’adrenalina, i glucocorticoidi (cortisolo), e le citochine (o interleuchine) che agiscono su recettori specifici localizzati in organi e apparati differenti.

L’allostasi è un processo atto a mantenere l’omeostasi ovvero “… il mantenimento della stabilità attraverso il cambiamento…”, che rende l’organismo vitale e funzionante, consentendo il rapido adattamento a condizioni ambientali mutevoli Il mantenimento della condizione di allostasi ha un costo; infatti quando la risposta allostatica perdura nel tempo, come avviene in condizioni di stress cronico, si può produrre il cosiddetto“carico allostatico”, caratterizzato da un’aumentata attività dei mediatori sulle loro cellule target che conduce a fenomeni di desensibilizzazione e danno tissutale.

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Gli effetti del carico allostatico, nel lungo termine, possono essere dannosi per l’organismo e portare a drammatiche conseguenze per l’individuo, come varie patologie del sistema cardiovascolare (tra cui ipertensione arteriosa, infarto del miocardio e ictus cerebrale), respiratorio, immunitario e alterazioni metaboliche (ad es. diabete e obesità) si possono selezionare due fasi sensibili a malattie sistemiche infiammatorie croniche.

Una fase avviene prima comparsa della malattia (fase asintomatica in cui lo stress può essere un fattore stimolante), mentre l’altra fase inizia dopo l’insorgenza della malattia (fase sintomatica cui lo stress può essere un fattore modulante).per quanto riguarda la fase asintomatica, diversi studi hanno dimostrato che i fattori emozionali d’infanzia e le caratteristiche perinatali influenzano lo sviluppo di artrite reumatoide in età adulta. Gli autori di un recente studio hanno concluso che gli stress traumatici dell’infanzia aumentano la probabilità di ricovero in ospedale con diagnosi dopo decenni di malattia autoimmune in età adulta.

In pazienti con artrite reumatoide sono stati, riscontrati traumi emozionali infantili più frequenti rispetto ai controlli. Ulteriori studi sull’infanzia o un trauma adolescenziale sono segnalati per l’artrite idiopatica giovanile, la sclerosi multipla, sclerosi sistemica, e di altre malattie autoimmuni.

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Anche la sfera psichica non è immune al carico allostatico: la prima conseguenza mentale del carico allostatico è la cosiddetta “sindrome da stress” che si caratterizza per la presenza di stati emotivi e di uscite comportamentali molto simili a quelle di tipico riscontro nella depressione atipica, con forte presenza di ansia, di solito riferita all’evento stressante ed identificabile chiaramente da chi ne soffre. Se l’evento stressante è vissuto come troppo forte, insostenibile ed incontrollabile, possono aver luogo delle vere e proprie sindromi psichiatriche, come il disturbo post-traumatico da stress

Per quanto riguarda la seconda fase di vulnerabilità dopo l’insorgenza della malattia infiammatoria cronica, alcuni studi a lungo termine hanno evidenziato che il maggiore stress può diminuire la gravità, ma la gran parte di studi clinici hanno mostrato che lo stress psicologico può aggravare la malattia. Questi risultati sono stati recentemente confermati in diverse indagini, tra il 2000 e il 2014. Tuttavia questi risultati sembrano essere in disaccordo con il ruolo immunosoppressivo di stress sostenuto nel corso dei decenni, tra il 1980 e il 2000. Negli ultimi anni, il paradigma immunosoppressione indotta da stress può essere modificato affermando che in condizioni di salute, lo stress integrale di basso livello acuto è accompagnato da un aumento della funzione immunitaria, mentre un elevato periodo di stress integrale è legato alla immunosoppressione

Questa ipotesi trova il suo razionale negli effetti negativi sulla formazione di nuovi neuroni e sul trofismo dendritico indotti dall’incremento plasmatico dei livelli di cortisolo e di alcune interleuchine pro-infiammatorie che si ritrovano tipicamente aumentati nello stress cronico e anche nella depressione e nel disturbo post-traumatico da stress

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Lo stress cronico, ovviamente, non può essere indipendente da cause multifattoriali , sia ambientali che genetiche, che provocano una maggiore o una minore vulnerabilità allo sviluppo di patologie correlate allo stress. L’avvento della “endofenotipia” ha inoltre introdotto un nuovo aspetto della risposta allo stress: le differenze genetiche multifattoriali individuali possono giocare un ruolo cruciale nel rendere i soggetti più o meno vulnerabili nei confronti degli effetti negativi dei mediatori chimici dello stress. Recentemente è stata posta grande attenzione verso alcuni polimorfismi genetici associati al funzionamento del sistema serotoninergico, alla espressione dei recettori del cortisolo e ad alcuni fattori di crescita neuronale, come il BDNF.

Lo Stress attiva l’infiammazione attraverso la stimolazione di NF-kB, l’induzione della disfunzione endoteliale, l’accelerato invecchiamento delle cellule, accensione della ridistribuzione delle cellule del corpo e la stimolazione beta adrenergica della mielopoiesi, l’attivazione di assi di stress omeostatici i come il sistema nervoso simpatico, attivazione degli assi dello stress omeostatico assi e disturbi del sonno.(aumento delle citochine), e l’aumento in iperalgesia con possibile aumento di segnale della sostanza P pro infiammatoria. Da quanto esposto si evince certo un denominatore comune che merita ulteriori approfondimenti per la sua comprensione e per le conseguenti scelte terapeutiche

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