Il rapporto tra Depressione e malattie autoimmuni

Nei pazienti con malattie autoimmuni la depressione è frequente, probabilmente perché la condizione di stress cronico compromette il funzionamento della barriera ematoencefalica. La barriera emato-encefalica può essere descritta come uno sbarramento di confine che lascia passare solo le sostanze nutrizionali utili al sostentamento dei neuroni, mentre protegge il tessuto cerebrale negando il passaggio a sostanze nocive presenti nel sangue.

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Nei pazienti depressi, sono state osservate delle “crepe” in questa barriera, “crepe” che lasciano passare citochine, cioè “segnali infiammatori” del sistema immunitario che potrebbero causare le tipiche alterazioni dell’umore.Alberto Oliverio, professore di psicobiologia presso la «Sapienza» Università di Roma, spiega tutti i dettagli.

Il legame tra mente e sistema immunitario

I rapporti tra sistema nervoso e sistema immunitario sono ormai più che evidenti e al centro di una disciplina, la psiconeuroimmunologia (PNEI), che studia le interazioni tra questi due sistemi. Esistono infatti ricerche che indicano co- me alcune molecole prodotte dal sistema immunitario possano modificare la funzione dei neuroni, in vitro e in vivo, e come mediatori e modulatori nervosi possano agire sui linfociti e altre cellule coinvolte nelle risposte immunitarie.

Negli ultimi anni sono cresciuti i dati che suggeriscono un ruolo dei processi infiammatori nella genesi della depressione. In letteratura scientifica è stato sottolineato a più riprese l’esistenza di un rapporto tra le malattie infiammatorie su base autoimmune – come l’artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico e la sclerosi multipla – e la presenza di disturbi depressivi.

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Inizialmente si riteneva che lo stato di sofferenza di questi malati potesse indurre forme di depressione reattiva, ma in seguito si è consolidata un’ottica in cui veniva riconosciuto il contributo del sistema immunitario nell’insorgenza dei disturbi depressivi associati alle malattie autoimmuni. Ma è vero anche il contrario, nel senso che uno stress psicologico può avere un ruolo determinante nell’aggravare i sintomi somatici dei pazienti sofferenti di malattie autoimmuni.

Recenti ricerche hanno oggi puntato il dito sui meccanismi molecolari che proteggono il cervello dallo stress e dalla depressione a livello delle cellule che formano la cosiddetta barriera ematicoencefalica realizzata dalle cellule endoteliali che rivestono i vasi del sistema nervoso centrale. La barriera consente a determinati principi nutritivi e altri fattori essenziali nel sangue di passare nel tessuto cerebrale, tenendo fuori agenti patogeni, segnali immunitari che favoriscono l’infiammazione e altri elementi dannosi.

Livelli di citochine

Una recente ricerca condotta in Canada nel Brain Research Centre della Laval University ha dimostrato che negli organismi esposti a stress cronico, l’integrità della barriera è violata, a causa di una perdita della proteina claudin-5 (cldn5).

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Normalmente, questa proteina forma agganci che aiutano a sigillare le giunzioni tra le cellule endoteliali che tappezzano i vasi sanguigni. Quando invece l’endotelio presenta delle falle, filtrano attraverso l’endotelio delle proteine tipiche dell’infiammazione come le citochine: le falle sono particolarmente gravi in prossimità del nucleo accumbens, che ha un ruolo chiave nella regolazione degli stati motivazionali e dell’umore.

Le dinamiche cerebrali dell’infiammazione spiegano perché nei pazienti con malattie autoimmuni, che presentano alti livelli di citochine, la depressione sia un aspetto frequente. A ciò si aggiunga il fatto che numerosi pazienti depressi, in particolare quelli resistenti ai trattamenti antidepressivi prescritti comunemente, hanno alti livelli di citochine circolanti nel sangue.

Il meccanismo dell’infiammazione può anche spiegare perché in numerosi pazienti che sviluppano la malattia respiratoria acuta da Covid-19 si verifichi una tempesta di citochine che comporta sia uno stato di grave infiammazione polmonare, sia uno stato di compromissione cerebrale e quindi una serie di alterazioni del comportamento – tra cui la depressione è una frequente conseguenza.

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Lo studio dei meccanismi che causano la perdita della proteina cldn5 potrebbe portare alla riparazione dell’endotelio e quindi al contrasto delle forme di grave depressione indotte dallo stress cronico, dalle malattie autoimmuni e da agenti virali, come nel caso del Covid-19.

Fonte: Le Scienze – Autore: Alberto Oliverio.