John T. Schiller è considerato un gigante della medicina perché ha segnato una svolta decisiva nella prevenzione del quarto tumore più comune nella popolazione femminile a livello mondiale: il carcinoma al collo dell’utero, che causa oltre 260.000 morti ogni anno. Quello di John T. Schiller, e del collega Douglas Lowy al National Cancer Institute, è stato un lavoro pionieristico che, partendo dallo studio della biologia di base del papilloma virus umano (HPV), ha portato allo sviluppo di vaccini per prevenirne le infezioni, che sono le più comuni trasmesse sessualmente.
pubblicità
Dal virus al vaccino contro l’HPV, quale è stato l’iter della ricerca
Ogni scoperta non è mai fine a se stessa e pone le sue basi su precedenti progressi scientifici e tecnologici. Nel 2006, la Food and Drug Administration ha approvato il primo dei vaccini basati sulla ricerca dell’HPV, il Gardasil. Dietro ci sono stati decenni di ricerca e la fortunata convergenza di due importanti risultati. L’evidenza che l’infezione da HPV è la causa principale del tumore alla cervice e lo sviluppo di tecnologie molecolari per la produzione di vaccini con particelle simili ai virus, virus-like particle (VLP) su cui si basano i tre vaccini contro il papilloma virus attualmente disponibili: Gardasil, Gardasil 9 e Cervarix.
«Abbiamo scoperto che più copie della proteina L1 di HPV possono essere assemblate in particelle simili a virus ma non infettive perché non contengono materiale genomico virale. Sono però ca- paci di ingannare il sistema immunitario inducendo la produzione di grandi quantità di anticorpi per neutralizzare il virus in caso di successiva infezione. E questa scoperta ha aperto la strada allo svi- luppo dei vaccini.» – John T. Schiller
Il vaccino funziona davvero?
«Ci sono state evidenti riduzioni delle verruche genitali e delle lesioni cervicali precancerose nei paesi in cui i programmi di vaccinazione hanno raggiunto una copertura elevata. Cervarix è un vaccino bivalente contro i ceppi virali HPV 16 e 18 responsabili del 70 per cento dei tumori del collo dell’utero. Gardasil 4 agisce anche contro HPV 6 e 11, essenzialmente non cancerogeni ma responsabili del 90 per cento dei condilomi genitali. E Gardasil 9 è un vaccino enavalente, che protegge anche da altri cinque tipi cancerogeni. La protezione è molto alta contro le nuove infezioni e le successive lesioni neoplastiche causate da questi ceppi virali, e conferisce una limitata cross-protezione verso altri tipi oncogeni di HPV. Ma i vaccini non agiscono in modo terapeutico, per questo è importante vaccinare prima dell’esposizione al virus.» – John T. Schiller
pubblicità
Quindi va somministrato prima di avere rapporti sessuali?
«Sì. L’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda la vaccinazione alle ragazze di 9-15 anni basandosi sulla premessa che la maggior parte non ha ancora iniziato l’attività sessuale, quindi risponde meglio al vaccino e sono sufficienti due dosi»
Il vaccino può essere somministrato anche a donne adulte?
Sì, oltre i 15 anni o comunque successivamente ai rapporti sessuali, le dosi raccomandate diventano tre. «L’obiettivo principale è la vaccinazione delle ragazze perché il cancro del collo dell’utero rappresenta l’onere maggiore a livello mondiale delle infezioni da papilloma virus. Onere che si fa però meno asimmetrico in molti paesi ad alto reddito perché i programmi di screening riducono drasticamente le morti per cancro cervicale e perché c’è stato un aumento piuttosto grande del cancro orofaringeo indotto da HPV che in due terzi dei casi riguarda gli uomini.»
Anche gli uomini dovrebbero vaccinarsi?
«La raccomandazione si estende quindi anche ai ragazzi perché i vaccini proteggono anche da questo tipo di tumore e dal cancro anale e del pene. Inoltre, estendendo la vaccinazione alla popolazione maschile, è stato osservato un aumento dell’immunità di gregge che contribuisce a proteggere le donne non vaccinate.»
pubblicità
La situazione vaccinale in Italia
In Italia la situazione non è diversa da quella descritta. I due vaccini per il papilloma virus, disponibili in commercio dal 2006, proteggono entrambi contro HPV 16/18 e uno solo dei due, il cosiddetto quadrivalente, protegge anche da HPV 6/11. Dal 2014 il programma vaccinale prevede due somministrazioni intramuscolari da eseguire a distanza di sei mesi nei soggetti fino ai 14 anni per il bivalente (valido per il papilloma virus di tipo 6 e 11) e fino ai 13 per il tetravalente.
Oltre tale età, sono previste invece tre dosi per entrambi i vaccini. Il vaccino bivalente è oggi il meno diffuso, mentre il quadrivalente può essere somministrato anche ai maschi, con una ricaduta positiva su entrambi i sessi. Nel 2017 è stato introdotto anche il vaccino nonavalente, che coprendo ben 9 ceppi virali diversi garantisce una copertura maggiore ed è indicato per entrambi i sessi. Questo vaccino potrebbe prevenire il 90% dei tumori HPV correlati.
A chi rivolgersi per vaccinarsi?
Alle ALS del proprio distretto sanitario. Il Servizio sanitario regionale offre la vaccinazione HPV alle donne e agli uomini di tutte le età. La vaccinazione è eseguita presso gli ambulatori vaccinali del Servizio sanitario regionale, su richiesta degli utenti, il vaccino non è gratuito ma lo si può richiedere al costo convenzionato del SSN. Il costo della vaccinazione varia dal tariffario regionale.
pubblicità
La vaccinazione è gratuita per ragazzi e ragazze dall’età inferiore ai 18 anni. In questo caso, il minore dovrà essere accompagnato al centro vaccinale dal genitore o tutore.
Quali sono i test da fare per una corretta prevenzione?
Al di là del vaccino, le donne non sono esonerate dal sottoporsi ad esami di screening per il tumore cervicale. L’esame a cui sottoporsi rimane il pap test e può essere effettuato durante la visita ginecologica di routine. Questo esame va fatto per la prima volta dopo aver avuto i primi rapporti sessuali, a prescindere dall’età; in seguito va consigliato almeno ogni 3 anni dai 25 anni di età in poi, ovviamente se ci sono stati rapporti sessuali. Non è pertanto consigliabile farlo nelle donne che non hanno avuto ancora rapporti.
Grazie allo screening con il pap test e quindi alla possibilità di avere una diagnosi precoce, la mortalità per tumore al collo dell’utero può essere drasticamente ridotta, soprattutto perché è possibile individuare precocemente le lesioni precancerose e curarle prima che evolvano.
pubblicità
Pap test positivo al papilloma virus: cosa fare?
Qualora i risultati del pap test dovessero evidenziare la presenza di HPV, sarà opportuno ripeterlo dopo 6 mesi per escludere che si sia trattato di un falso positivo. Se invece l’esito positivo viene confermato, si può procedere con l’HPV DNA test, un esame effettuato con tecniche di biologia molecolare che permette di avere un quadro più chiaro dello stato di rischio di sviluppare una lesione tumorale.
Se il medico lo ritiene utile, si procederà anche con una colposcopia, un esame di II livello che permette la visione diretta della lesione. Dopo una valutazione preliminare dei tessuti, vengono applicati dei reagenti chimici che evidenziano le zone colpite da HPV, ed è possibile fare anche una biopsia mirata per una conferma istologica.
La prevenzione rimane sicuramente il miglior metodo per controllare l’infezione HPV, stando attenti ad avere rapporti sessuali protetti, soprattutto se occasionali o con partner multipli. Altri fattori di rischio da non sottovalutare sono: un sistema immunitario debole, che non riuscirebbe a debellare l’infezione lasciando quindi spazio alla sua progressione; il fumo di sigaretta; sovrappeso e obesità; aver avuto una gravidanza in giovane età.
Cura per il papilloma virus
Cosa fare in caso di infezione? Non esiste una vera e propria cura farmacologica per l’HPV, le terapie più diffuse attualmente agiscono per eliminare le lesioni interne ma non agiscono sull’eliminazione dell’infezione. Le lesioni precancerose possono essere curate solo chirurgicamente, con laser vaporizzazione nei casi più lievi oppure con radiofrequenza o conizzazione della cervice uterina se sono più estese. Condilomi e verruche possono essere trattati con creme a base di acido salicilico per uso locale, da applicare generalmente per un periodo di tre mesi. È bene sottolineare che, anche quando questi sintomi esterni scompaiono, il virus può ancora essere presente nell’organismo. L’infezione da papilloma virus deve essere fronteggiata dal sistema immunitario; per questo può essere utile mettere in atto una strategia di potenziamento delle difese immunitarie per debellare il virus e abbassare il rischio di recidive.
Fonte intervista: Le Scienze. Autore: il Team di SalutePsicofisica