Un nutriente contro la mente che invecchia

La funzione cerebrale varia generalmente con il passaggio dall’infanzia, attraverso l’età adulta, alla vecchiaia. Durante l’infanzia, la capacità di pensare e ragionare aumenta costantemente, permettendo al bambino di acquisire abilità sempre più complesse. Per la maggior parte dell’età adulta, la funzione cerebrale è relativamente stabile.

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Trascorsa una certa età, che varia da persona a persona, si verifica un calo della funzione cerebrale. Il volume di alcune aree cerebrali diminuisce di fino all’1% all’anno in alcuni soggetti, ma senza alcuna perdita di funzione.

Pertanto, la variazioni della struttura cerebrale correlate all’età non sempre provocano una perdita di funzione cerebrale. Tuttavia, la diminuzione della funzione cerebrale con l’invecchiamento può essere la conseguenza di numerosi fattori tra cui cambiamenti delle sostanze chimiche cerebrali (neurotrasmettitori), cambiamenti delle cellule nervose stesse, accumulo di sostanze tossiche nel cervello nel tempo e alterazioni ereditarie. Aspetti diversi della funzione cerebrale possono essere colpiti in tempi diversi:

  • La memoria recente e la capacità di apprendere nuove nozioni tendono a essere compromesse relativamente presto.
  • Le capacità verbali, compresi uso di vocabolario e linguaggio, possono iniziare a declinare più tardi.
  • La capacità intellettiva, ovvero la capacità di elaborare informazioni (a prescindere dalla velocità), solitamente si mantiene integra in assenza di disturbi neurologici o vascolari concomitanti.
  • Il tempo di reazione e l’esecuzione di compiti possono risultare rallentati, in quanto il cervello elabora gli impulsi nervosi più lentamente.

Tuttavia, gli effetti dell’invecchiamento sulla funzione cerebrale può essere attutito se non del tutto evitato. La buona prevenzione e lo stile di vita sano sono ottimi alleati per mantenere la mente vigile e funzionale anche in tarda età e, per riuscirci, bisogna pensarci da giovani.

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Perdere la lucidità mentale è uno dei rischi più insidiosi della vecchiaia. Non si tratta solo di peggiorare la qualità della vita individuale: la demenza senile è un allarme sanitario globale, con 50 milioni di malati stimati dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), destinati a triplicare nei prossimi 30 anni. In Italia l’Istituto superiore di sanità (Iss) calcola circa 1 milione di persone affette da demenza e circa 900mila da una forma di declino cognitivo.

Dal cibo un aiuto accertato

L’alimentazione è una comprovata arma di prevenzione, laddove una dieta povera in nutrienti rappresenta uno dei principali fattori di rischio per le malattie croniche legate al declino cognitivo e alla demenza senile. Dal salmone al fegato, passando per yogurt, frutta secca, caffè, broccoli e mirtilli, sono molti gli alimenti accertati in letteratura in grado di contrastare il declino cognitivo. Ciò avviene grazie ai preziosi nutrienti in essi presenti quali vitamina E, vitamina A, vitamina D, vitamina B12, folati, antiossidanti. Ed ora un nuovo studio statunitense mette in luce l’efficacia di un’altra preziosa sostanza: la creatina.

La creatina porta energia

Si attinge soprattutto da cervello e muscoli ed è per questo che ne sono importanti fonti alimentari carne rossa, pollame, pesce, crostacei. Per dare un’idea, poco più di 220 grammi di manzo magro o di un etto di salmone crudi forniscono rispettivamente 1,5 e 2,5 grammi di creatina. La quale, come molti altri micronutrienti, si può assumere anche sotto forma d’integratore.

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La funzione principe della creatina è produrre energia, proprio quella che viene meno alle cellule di un fisico anziano. Questa carenza, a lungo andare, contribuisce potenzialmente al declino cognitivo. I ricercatori hanno, pertanto, verificato se l’assunzione di creatina fosse associabile a un minore calo mentale negli anziani.

Meno di un grammo al giorno

Ciò è stato possibile grazie ai dati raccolti negli Stati uniti dal Sondaggio nazionale su salute e nutrizione (NHANES) condotto su 1300 persone con 71 anni di età media. Trattasi di un’indagine ampia e prolungata nel tempo che ha visto i partecipanti sostenere, tra gli altri, dei test cognitivi e rispondere in parallelo a un’intervista sull’alimentazione condotta in quel periodo.

In base ai cibi consumati dai partecipanti è stata estrapolata la quantità di creatina che avevano assunto e associata agli esiti del loro test. Ne è emerso che chi aveva consumato più proteine animali e assimilato più creatina dalla dieta totalizzava punteggi più alti. Più nel dettaglio, è stato calcolato che i maggiori consumatori di creatina del gruppo si attestassero in media su 0,95 grammi al giorno, superando meglio le prove intellettive rispetto ai minori consumatori di creatina del campione.

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Ne consegue che una dieta accorta all’apporto di creatina possa aiutare a prevenire il declino cognitivo che si manifesta con l’età anziana.

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Autore: Dr.ssa Debora Rasio – Laureata in medicina e chirurgia e specialista in oncologia. Fonte: pleinair.it

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