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Molto si discute ancora sull’utilizzo di un farmaco, la triptorelina, in grado di agire sul sistema endocrino e sospendere l’arrivo della pubertà in quei casi in cui l’identità di genere non è ancora ben definita. In questo modo secondo gli esperti si riesce a dare più tempo all’adolescente per indagare la propria identità di genere tenendo conto che buona parte del disagio psicologico potrebbe derivare da un approccio di rifiuto che l’ambiente familiare e sociale riserva di solito a questi ragazzi, specialmente nell’infanzia e nella prima pubertà.
Che cos’è la disforia di genere
L’incongruenza di genere, o disforia di genere, precedentemente conosciuta anche come DIG (abbreviazione di disturbo dell’identità di genere, nomenclatura in disuso) è il malessere percepito da un individuo che non si riconosce nel proprio sesso fenotipico assegnatogli alla nascita.
Il precedente termine “disturbo” è stato rinominato “disforia” nel DSM-5, a causa della stigmatizzazione che il termine disturbo comportava. Nel DSM-5 l’incongruenza di genere non rappresenta una categoria dei disordini/disturbi mentali, ma rappresenta una categoria a sé stante, in quanto le persone transgender sono in grado di intendere e di volere, e non sono affetti da disturbo mentale. Allora perché è annoverato nel Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali? Secondo l’American Psychiatric Association, l’elemento critico della disforia di genere è «un’angoscia clinicamente significativa», innescata dalla stessa incongruenza.
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Fortissimi disagi
Il trattamento con la triptorelina è riconosciuto dal Servizio sanitario nazionale ed è quindi gratuito. La varianza o disforia di genere è una condizione che può comparire presto nel corso della vita: capita quando un bambino o una bambina non si riconosce nel genere sessuale determinato dai suoi cromosomi.
È una condizione che può regredire con la crescita, ma quando prosegue, l’arrivo dei segnali fisici dell’adolescenza può creare fortissimi disagi. Nella comunicazione delle società scientifiche che hanno riconosciuto, in una nota congiunta, il valore medico ed etico dell’estensione da parte di AIFA (l’Agenzia italiana del farmaco) della prescrivibilità della triptorelina negli adolescenti con disforia di genere, si legge:
«Numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato che tale trattamento è in grado di ridurre in modo significativo i problemi comportamentali ed emotivi e il rischio suicidario, nonché di migliorare il funzionamento psicologico generale negli adolescenti trattati. Tale intervento medico deve essere riservato a casi attentamente selezionati, a seguito di una valutazione multidisciplinare in accordo con le linee guida internazionali.
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La determina pubblicata da AIFA rappresenta un passo fondamentale che consente ai professionisti dedicati all’argomento di aderire alle linee guida internazionali, nonché alla pratica clinica della maggior parte delle nazioni occidentali».
L’uso del farmaco
L’AIFA prevede che la diagnosi debba essere confermata da una équipe multidisciplinare e specialistica e che l’assistenza psicologica, psicoterapeutica e psichiatrica sia risultata, da sola, inefficace. Per questo l’uso del farmaco può essere un supporto prezioso.
Il Comitato nazionale di bioetica, sostenendo la scelta del trattamento gratuito, ha specificato i limiti entro cui l’uso del farmaco è ammesso, che prevedono: una profonda sofferenza nell’adolescente, la somministrazione entro un periodo di tempo limitato, un corretto consenso informato da parte dei genitori e dell’adolescente stesso.
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Non una somministrazione a tappeto, come qualcuno ha voluto far credere, finalizzata a un cambiamento del sesso, ma una terapia mirata per dare tempo e limitare le conseguenze psicologiche di una condizione così sofferta in questa fase di vita.
Maneggiare con cura
I farmaci per bloccare la pubertà esistono da tempo e sono utilizzati per trattare, quando necessario, le conseguenze di una pubertà precoce centrale. Sono farmaci che vengono generalmente considerati sicuri ed efficaci. Le ricerche suggeriscono che i giovani che hanno assunto i bloccanti della pubertà hanno una normale funzione riproduttiva dopo aver smesso di assumerli e che non hanno effetti a lungo termine sulla salute delle ossa o del metabolismo.
Tuttavia, mancano ulteriori ricerche sugli effetti a lungo termine di questi trattamenti che potrebbero dare maggiore sostegno alla sicurezza del farmaco. Si tratta dunque di uno strumento da maneggiare con cura, ma chi lavora nel settore sa bene somministrarlo.
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Autore: Roberta Rossi, Psicoterapeuta e Presidente della Federazione italiana di sessuologia scientifica e coordinatore didattico e supervisore all’Istituto di sessuologia clinica di Roma | Da Mind