Molte intolleranze alimentari sono false

L’intolleranza è definita in medicina come la presenza di reazioni specifiche o aspecifiche da parte di un determinato organismo nei confronti di molecole (per esempio, il lattosio) che non si presentano usualmente nel resto della popolazione generale.

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Non è necessario andare dal nutrizionista per sentirne parlare, basta passare un po’ di tempo al tavolo di un ristorante per sentir persone che riferiscono improbabili intolleranze al lievito, al pomodoro e persino all’olio di oliva. Molti ristoratori -e non solo- si chiederanno: come è possibile che siano diventati tutti intolleranti a qualcosa?

Eppure non ci sono prove che esista un’intolleranza al lievito, o all’olio di oliva e a tanti altri cibi, nonostante questo, molte persone, anche esperti del settore come nutrizionisti e gastroenterologi, continuano a diagnosticare determinate intolleranze. Come mai sempre più persone sostengono di essere intolleranti a molti alimenti? Un motivo è l’offerta crescente di metodi per diagnosticare intolleranze alimentari che non sono validati scientificamente o, addirittura, che si sono dimostrati di dubbia credibilità scientifica e scarsa validità clinica.

Lo spiega un documento preparato dalle principali società scientifiche italiane di allergologia e immunologia clinica e condiviso dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

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L’allergia è un’altra cosa

Allergie alimentari e intolleranze sono spesso confuse. Un’ allergia è una reazione avversa del corpo – come un’orticaria, difficoltà a respirare, un rigonfiamento della lingua, fino a uno shock anafilattico – che coinvolge il nostro sistema immunitario attraverso anticorpi chiamati IgE, verso una componente di quell’alimento, di solito una proteina, che il nostro corpo interpreta come una minaccia. Molti alimenti comuni sono allergenici: pesce, crostacei, frutta a guscio, arachidi, latte vaccino, grano, uova e soia.

Un test diagnostico semplice e usato in tutto il mondo per la diagnosi di allergie è il prick test: si applica una goccia di allergene sulla cu- te dell’avambraccio pungendo leggermente con una lancetta monouso. Se il test è positivo, nel giro di pochi minuti nel punto in cui è stato applicato l’allergene compare un pomfo, un piccolo rigonfiamento pruriginoso simile a una puntura di zanzara.

Le intolleranze invece, pur a volte provocando sintomi simili a quelli delle allergie, quasi sempre a livello intestinale, non sono dovute a una reazione del sistema immunitario. Quelle scientificamente riconosciute sono pochissime e la più diffusa è quella al lattosio, lo zucchero presente nel latte. Le persone intolleranti al lattosio non producono più un enzima, la lattasi, in grado di scindere il lattosio in glucosio e galattosio.

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Rapidi e ingannevoli

«Poiché molti pazienti ritengono che i loro disturbi siano legati all’assunzione di determinati alimenti, che spesso non riconoscono – continua il documento – i test in vitro di rapida esecuzione rappresentano un mercato in continua espansione e vengono offerti al pubblico sotto nomi diversi e accattivanti, sia nelle farmacie sia in laboratori privati o a volte anche convenzionati».

Il prezzo di questi test oscilla tra 70 e 200 euro e il fatto di essere un esame «sul sangue» genera nell’utente la convinzione di aver effettuato un esame diagnostico di alta affidabilità e riproducibilità.

Il test che passa per gli anticorpi IgG4 è il più in voga al momento, tuttavia si è dimostrato non essere in grado di trovare allergie o intolleranze, indicando semplicemente una normale risposta del sistema immunitario all’esposizione di un certo alimento. Altri test di diagnosi di intolleranze alimentari senza prova scientifica di attendibilità elencati dal documento sono:

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  • test Vega,
  • test di citotossicità,
  • Alcat,
  • elettroagopuntura di Voll,
  • bioscreening,
  • biostrength test,
  • Sarm test,
  • Mora test,
  • test kinesiologico,
  • Dria test,
  • analisi del capello,
  • iridologia,
  • biorisonanza,
  • pulse test,
  • riflesso cardiaco auricolare.

Se pensate di essere allergici o intolleranti a un alimento, è meglio se vi rivolgete a uno specialista. Le intolleranze riconosciute scientificamente sono pochissime e la più diffusa è quella al lattosio, lo zucchero presente nel latte.

Come si esegue una diagnosi di intolleranza?

Poiché le intolleranze alimentari possono manifestarsi con sintomi in parte sovrapponibili a quelli
dell’allergia alimentare, un’attenta anamnesi riveste un ruolo fondamentale nel primo approccio al paziente.

L’esclusione di allergie alimentari è il primo evento diagnostico, cui segue la necessità di valutare se sono presenti condizioni internistiche che possono essere accompagnate da intolleranze alimentari non
immunomediate.

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Per quanto riguarda le intolleranze da difetti enzimatici e quindi l’intolleranza al lattosio, la diagnosi si può effettuare facilmente con il breath test specifico, che valuta nell’aria espirata i metaboliti non metabolizzati e assorbiti.

La diagnosi di intolleranza farmacologica è essenzialmente anamnestica, mentre per le intolleranze da meccanismi non definiti può essere utile il test di provocazione, cioè la somministrazione dell’additivo sospettato (nitriti, benzoati, solfiti eccetera).

In sintesi l’iter diagnostico di un paziente con sospetta intolleranza alimentare dovrebbe prevedere un approccio multidisciplinare che coinvolga passo dopo passo lo specialista allergologo, il gastroenterologo, per escludere patologie gastrointestinali, ed eventualmente il dietologo, per la correzione delle abitudini dietetiche.

Test utili nell’accertamento di un’intolleranza sono:

  • breath test per glucosio o lattulosio per valutazione della sindrome da sovracrescita batterica nel tenue (SIBO)
  • breath test per lattosio per valutare intolleranza al lattosio.

Fonte: Dossier della Federazione Nazionale dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri