Il silenzio è d’oro: stimola la produzione di neuroni


In una società frenetica e senza pause i momenti di quiete a volte sembrano farci paura. Eppure il silenzio è cruciale per la nostra salute fisica e mentale.

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Viviamo in una società senza pause, bombardati da voci, rumori, informazioni. Il silenzio ci fa paura, eppure mai come adesso ci siamo resi conto di quanto sia importante per il nostro benessere. Tanto che qualche anno fa la Finlandia l’ha scelto come tema delle proprie campagne di promozione proponendo come attrazione turistica, e con successo, l’immersione nella quiete che il paese può offrire.

La stessa idea che ha decretato il successo delle vasche di deprivazione sensoriale, o di discipline come la meditazione, che ci permettono di concentrarci sui suoni del nostro corpo – come il respiro, il battito cardiaco – e di osservare o di lasciar andare, i nostri pensieri.

Il silenzio interiore

Una riflessione sull’assenza di suoni, e ancor di più sul silenzio interiore, quello che si crea quando smettiamo di seguire il filo dei nostri pensieri: «Sappiamo che il silenzio ci rende più lucidi, sereni, positivi – spiega Tal Dotan Ben-Soussan, direttrice del laboratorio della Fondazione Paoletti – e che il rumore ha molti effetti negativi: compromette il funzionamento del cervello, aumenta l’attività dell’amigdala e la produzione di cortisolo, che a sua volta influisce sul sistema immunitario».

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Tanto che, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, il solo rumore da traffico urbano sarebbe responsabile di oltre un milione di anni di vita persi per malattia, disabilità o mortalità prematura. «Il silenzio ci viene in aiuto quando siamo sotto stress, bombardati da una quantità di stimoli», spiega Paola Mamone, psicoterapeuta e docente di mindfulness, fondatrice con Anna Rossi del Centro Interessere – Mindfulness in Azione. «Ma soprattutto serve a nutrire e a coltivare l’autenticità, ci permette di sospendere l’azione, di seguire il nostro respiro. E anche di vivere le relazioni in modo diverso. Non a caso, tutte le tradizioni spirituali definiscono “nobile” il silenzio perché è una modalità di accesso privilegiato a ciò che viviamo».

Rumori pericolosi: cosa dice la scienza

Per capire che cosa ha da dire la ricerca sul silenzio – e sui suoi vantaggi – è inevitabile partire dal rumore e dai rischi che rappresenta. Già Florence Nightingale affermava che un rumore non necessario è una del- le cose peggiori che si possano infliggere sia ai malati sia ai sani, e che soprattutto chi sta male avrebbe bisogno di un ambiente silenzioso per guarire. Un’osservazione confermata nei decenni successivi da dati epidemiologici che mostrano un legame evidente tra esposizione cronica al rumore e stress cronico, ma anche danni cognitivi o all’apparato cardiovascolare, tanto che oggi si parla abitualmente di inquinamento acustico. «Il rumore è nocivo, al punto che può essere usato come forma di tortura», ricorda il neurologo tedesco Gerd Kempermann, che ha firmato con Imke Kirste uno dei più importanti studi sul silenzio. «Anche se di solito le conseguenze dello stress da rumore sono reversibili, mentre non lo sono i danni all’orecchio interno prodotti da rumori forti».

Per anni, però, gli studi si sono concentrati sul rumore e sui danni che provoca. Il silenzio fa la sua comparsa nella ricerca quasi per caso, come parametro di controllo in studi che riguardano gli effetti del rumore o della musica.

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Il silenzio stimola la neurogenesi

Uno dei primi studi a notarne l’importanza è stato, nel 2005, quello di Luciano Bernardi, dell’Università di Pavia: in realtà la sua ricerca, pubblicata sulla rivista «Hearth», era nata per analizzare gli effetti di vari tipi di musica sullo stress valutandone l’impatto fisiologico, dalla respirazione al battito cardiaco.

I minuti di silenzio erano stati introdotti come pausa tra un brano e l’altro, ma si è visto che gli effetti fisiologici più interessanti corrispondevano proprio a queste pause. In altri termini, scrive Bernardi, si è visto che il silenzio aveva un effetto rilassante, più della più rilassante delle musiche. Intanto la ricerca continua a occuparsi del silenzio, passando dagli studi clinici a indagini su modelli animali che cercano di capire se e come l’assenza di rumore influenzi l’attività cerebrale. E anche qui qualche sorpresa non manca.

Nel 2010 Michael Wehr, dell’Università dell’Oregon, individua nei topi un set di neuroni che reagisce alla cessazione di un suono. «Il cervello può registrare il suono del silenzio», titolano i giornali. E in qualche modo è così, ma non è questa l’unica novità. Qualche anno dopo, nel 2013, un’altra ricerca sui topi, concepita da Imke Kirste per misurare gli effetti dei suoni sul sistema nervoso, mostra che un silenzio prolungato è in grado di attivare la neurogenesi, sviluppando nuovi neuroni nell’ippocampo di topi adulti. Un risultato inatteso, forse spiegabile, ipotizzano i ricercatori, col fatto che in natura il silenzio è una condizione anomala che potrebbe rappresentare un segnale di pericolo, e giustificherebbe una particolare attivazione.

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«Sappiamo tutti che a volte un silenzio improvviso genera allarme, la quiete prima della tempesta», afferma Gerd Kempermann, coautore della ricerca apparsa su «Brain Structure & Function». «Non abbiamo conferme, ma non possiamo escludere che la relazione tra silenzio e neurogenesi dipenda proprio dal fatto che il nostro cervello reagisce così agli stimoli, e che in questo caso il silenzio è vissuto come uno stimolo».

Non è ovviamente possibile replicare questo tipo di ricerca sugli umani, «ed è un peccato che non ci siano abbastanza studi di questo tipo – prosegue Kempermann – però sappiamo bene che il silenzio, e anche il silenzio interiore, sono indispensabili per la nostra salute».

Dal silenzio salutare al silenzio doloroso

A confermare l’interesse per il tema, dieci anni fa è nata in Italia l’Accademia del silenzio, «con l’obiettivo di riaprire il dibattito in ambito scientifico e culturale, il silenzio è importante: ci sono mo- menti di gioia, di amore, di dolore che è impensabile vivere se non nel silenzio», spiega Duccio Demetrio, filosofo dell’educazione, tra i fondatori dell’Accademia.

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Il silenzio però ha anche aspetti dolorosi, ricorda Demetrio. «Pensiamo, a livello individuale, privato, al silenzio che nasce dall’incapacità di esprimere le proprie emozioni. E in una dimensione pubblica, all’emarginazione, al silenzio inteso come impossibilità di esercitare il proprio diritto di parola». Inoltre, spesso il silenzio ambientale provoca disagio perché ci lascia soli con noi stessi, incapaci di esercitare un analogo silenzio interiore.

Fonte: Mind – Autore: Paola Emilia Cicerone