I social network possono scatenare le abbuffate di cibo

Ad avvicinare il disturbo (binge eating disorder), nei bambini, così come nei più grandi, può essere anche il troppo tempo trascorso davanti agli schermi. Le indicazioni da rispettare a tavola.

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Le persone che passano troppo tempo con gli occhi fissi su uno schermo – sia esso del cellulare, computer o tablet – rischiano di favorire l’insorgenza del disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder) nel giro di 12 mesi. A documentarlo sono i risultati di uno studio condotto su un campione di oltre 11mila bambini di 9-10 anni, pubblicati sull’International Journal of Eating Disorders.

I piccoli presi in esame, in partenza, hanno riferito quanto tempo trascorrevano davanti a uno schermo, di qualsiasi tipo e per qualsiasi motivo: dalla televisione a Youtube, dai video games alle chat dei social network. Sempre alla partenza, ma pure un anno dopo l’inizio della ricerca, i genitori (o i tutori dei ragazzi) hanno completato un questionario per valutare l’eventuale comparsa del binge eating disorder.

I SOCIAL NETWORK RAPPRESENTANO LA MAGGIORE INSIDIA

In generale, i giovani hanno dichiarato di trascorrere una media di quattro ore al giorno davanti a uno schermo e quanti sono diagnosticati del disturbo: se erano 0.7 per cento all’inizio, dopo un anno risultano quasi raddoppiati (1.2 per cento).

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Un’ora in più dalla partenza, nel giro di un anno, rischia dunque di tradursi in un più elevato rischio di «abbuffate» senza controllo. La più «pericolosa» risulta l’attività sui social network: un’ora al giorno dedicata fa schizzare su il rischio di binge eating del 62 per cento.

SE IL CORPO È BRUTTO, IO MI ABBUFFO

Tra le possibili cause del fenomeno che lega l’uso dello schermo al maggior consumo cibo, i ricercatori californiani ne hanno ipotizzate tre. La prima: bambini più portati a mangiare troppo perché distratti da quel che c’è sullo schermo.

La seconda: guardare troppo uno schermo porta anche a mangiare di più, senza che un bambino se ne accorga. La terza: gli adolescenti che hanno una brutta immagine del loro corpo, è più facile che si abboffino. A questo proposito, gli autori dello studio hanno fatto presente che giornali e pubblicità che esaltano corpi perfetti fino all’inverosimile alimentano questa «corsa-rifugio» nel cibo dei giovanissimi.

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DISTURBI ALIMENTARI: L’AGGRAVANTE DELLA PANDEMIA

Le chiusure imposte dalla pandemia hanno esacerbato questo fenomeno. «Da noi le richieste di visite sono aumentate del 300 per cento – esordisce Stefano Erzegovesi, direttore del Centro per i disturbi alimentari dell’Ospedale San Raffaele di Milano e blogger di Fondazione Umberto Veronesi -. Quando non ci sono relazioni interpersonali, manca la dimensione tridimensionale per coì dire.

Nel corso della reclusione, purtroppo, abbiamo visto peggiorare l’idea che ogni ragazzo ha del proprio corpo. Inoltre la fissità dello sguardo su uno schermo, specie per i più giovani, mina la capacità di concentrarsi sulle sensazioni interne. Banalizzando, è come quando si diceva niente tv per i bambini quando mangiano».

UN DISCONTROLLO DIVERSO DALLA BULIMIA

A Erzegovesi chiediamo una definizione di questo disturbo di cui esiste soltanto la denominazione inglese: binge eating. Precisando che «binge», da solo, significa abbuffata. «Si tratta di un disturbo alimentare di perdita di controllo sul cibo, ma diverso dalla bulimia, che mette in campo anche contrappesi come il vomito o l’elevata frequenza con cui si pratica attività sportiva. Qui il peso aumenta, allora sentendosi grassi si prova vergogna, si sente il rifiuto degli altri e per compensazione che si fa? Ci si rifugia ancora nel cibo».

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I social network fanno parte della quotidianità dei giovanissimi, ancora bambini come sono quelli di 9 e 10 anni della ricerca americana. «Se sono concentrato su Facebook, faccio fatica a distinguere tra fame e sazietà – riprende l’esperto -. Su Instagram, questi ragazzi fanno confronti sul corpo, si informano anche sul cibo, guardano che muscoli o che vitino di vespa hanno gli altri e le altre. Ecco, in questa indagine bambini e bambine risultano alla pari come vittime del binge eating».

DAI GENITORI DIVIETI «IGIENICI»

Che fare? Un primo messaggio va ai genitori: «Non si tratta di fare i poliziotti, ma di essere inflessibili sì: come quando si chiede a un figlio se si è lavato le mani o i denti. Qui il messaggio è: consentire di trascorrere davanti al cellulare o a un altro schermo un certo numero di ore al giorno, variabile in base all’età di un figlio.

Ma a tavola, davanti al cibo, nessuno di questi device deve essere usato. Mai. Altrimenti chi lo usa finisce per mangiare il 30 per cento in più di cibo. Non è sano. La presa di posizione dei genitori è una norma di igiene preventiva».

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Fonte: fondazioneveronesi.it